Bellini, Giovanni
Bellini, Giovanni
Giovanni Bellini (Venezia, 1433 circa – Venezia, 26 novembre 1516) è stato un pittore italiano, uno dei più celebri del Rinascimento, noto anche con il nome Giambellino.
Lavorò ininterrottamente per ben sessant'anni, sempre ai massimi livelli, traghettando la pittura veneziana, che in lui ebbe un fondamentale punto di riferimento, attraverso le esperienze più diverse, dalla tradizione bizantina ai modi padovani filtrati da Andrea Mantegna, dalle lezioni di Piero della Francesca, Antonello da Messina e Albrecht Dürer, fino al tonalismo di Giorgione. Nelle sue opere Bellini seppe accogliere tutti questi stimoli rinnovandosi continuamente, ma senza tradire mai il legame con la propria tradizione, valorizzandolo anzi e facendone un punto di forza.
Bellini coniuga il plasticismo metafisico di Piero della Francesca e il realismo umano di Antonello da Messina (non quello esasperato dei fiamminghi) con la profondità cromatica tipica dei veneti, aprendo la strada al cosiddetto "tonalismo" . Fu inoltre influenzato dal cognato Andrea Mantegna, che lo fece entrare in contatto con le innovazioni del Rinascimento fiorentino. Sempre Mantegna, con cui ha modo di lavorare a contatto nel soggiorno padovano, lo influenzò nell'espressività dei volti e nella forza emotiva che trasmettono i paesaggi sullo sfondo. A Padova, Bellini conobbe inoltre la scultura di Donatello, che in questo periodo imprimeva una carica espressionistica alla sua opera, avvicinandosi ad uno stile più vicino all'ambiente del Nord.
Bellini portò quindi grandi innovazioni nella pittura veneziana, quando il padre Jacopo e il fratello Gentile erano ancora legati alla ieraticità bizantina, e al tardogotico che a Venezia, nell'architettura, iniziò a tramontare solo a partire dal 1470. In seguito accolse la chiara luminosità di Piero della Francesca e fu uno dei primi a comprendere le innovazioni atmosferiche di Antonello da Messina, che trasformavano la luce in un legante dorato tra le figure, capace di dare la sensazione della circolazione dell'aria.
Ancora, già anziano, apprezzò le qualità di artisti di passaggio in laguna, quali Leonardo da Vinci e Albrecht Dürer, assimilandone rispettivamente lo sfumato e il gusto nordico per il panneggio tagliente. Ma la sua conquista più grande fu, ormai settantenne, di aver riconosciuto la portata della rivoluzione del tonalismo di Giorgione e, poco più tardi, del giovane Tiziano, applicando il colore in campi più ampi e pastosi, senza un confine netto dato dalla linea di contorno, e tendendo a fondere i soggetti col paesaggio che li circonda.
Lavorò ininterrottamente per ben sessant'anni, sempre ai massimi livelli, traghettando la pittura veneziana, che in lui ebbe un fondamentale punto di riferimento, attraverso le esperienze più diverse, dalla tradizione bizantina ai modi padovani filtrati da Andrea Mantegna, dalle lezioni di Piero della Francesca, Antonello da Messina e Albrecht Dürer, fino al tonalismo di Giorgione. Nelle sue opere Bellini seppe accogliere tutti questi stimoli rinnovandosi continuamente, ma senza tradire mai il legame con la propria tradizione, valorizzandolo anzi e facendone un punto di forza.
Bellini coniuga il plasticismo metafisico di Piero della Francesca e il realismo umano di Antonello da Messina (non quello esasperato dei fiamminghi) con la profondità cromatica tipica dei veneti, aprendo la strada al cosiddetto "tonalismo" . Fu inoltre influenzato dal cognato Andrea Mantegna, che lo fece entrare in contatto con le innovazioni del Rinascimento fiorentino. Sempre Mantegna, con cui ha modo di lavorare a contatto nel soggiorno padovano, lo influenzò nell'espressività dei volti e nella forza emotiva che trasmettono i paesaggi sullo sfondo. A Padova, Bellini conobbe inoltre la scultura di Donatello, che in questo periodo imprimeva una carica espressionistica alla sua opera, avvicinandosi ad uno stile più vicino all'ambiente del Nord.
Bellini portò quindi grandi innovazioni nella pittura veneziana, quando il padre Jacopo e il fratello Gentile erano ancora legati alla ieraticità bizantina, e al tardogotico che a Venezia, nell'architettura, iniziò a tramontare solo a partire dal 1470. In seguito accolse la chiara luminosità di Piero della Francesca e fu uno dei primi a comprendere le innovazioni atmosferiche di Antonello da Messina, che trasformavano la luce in un legante dorato tra le figure, capace di dare la sensazione della circolazione dell'aria.
Ancora, già anziano, apprezzò le qualità di artisti di passaggio in laguna, quali Leonardo da Vinci e Albrecht Dürer, assimilandone rispettivamente lo sfumato e il gusto nordico per il panneggio tagliente. Ma la sua conquista più grande fu, ormai settantenne, di aver riconosciuto la portata della rivoluzione del tonalismo di Giorgione e, poco più tardi, del giovane Tiziano, applicando il colore in campi più ampi e pastosi, senza un confine netto dato dalla linea di contorno, e tendendo a fondere i soggetti col paesaggio che li circonda.